Il Pane nero in Valtellina
La segale, insieme al grano saraceno e ad altri cereali come l’orzo e il miglio, ha costituito per secoli la principale coltura della Valtellina e della Valchiavenna. Ben adattabili ai climi montani, questi cereali venivano coltivati sui terrazzamenti che, ancora oggi con i vigneti, caratterizzano il paesaggio di questi territori. La segale veniva impiegata prevalentemente per preparare il pane.
Fino ai primi anni Ottanta del Novecento, infatti, in ogni contrada erano ancora in uso i forni comunitari, dove, una volta al mese, si preparava il pane per l’autoconsumo di tutte le famiglie. Negli anni successivi la coltivazione della segale fu abbandonata e i forni comunitari andarono in disuso. Nonostante i cambiamenti socioeconomici avvenuti nei decenni, i valtellinesi continuano a consumare il pane di segale che ha mantenuto, nel corso dei secoli, le stesse caratteristiche di quello di una volta: una ciambella chiamata brazadela del diametro di 15/20 cm, croccante e di lunga durata.
In Valtellina la base dell’impasto per il pane di segale è sempre la stessa, a cambiare è la forma e la tecnica di lavorazione. La differenza tra pani di segale è evidente: nella Bassa Valtellina e in Valchiavenna si panifica “alla tedesca” o “alla svizzera”, con un pane di segale alto, spugnoso, consistente, mentre nel resto della Valtellina la base d’impasto è comune e la tecnica di lavorazione è quasi identica. Oltre alla brazadela vi è anche la pagnotta di Berola, frazione di Ponte in Valtellina, dove la tradizione vuole che il pane di segale sia fatto a forma di pagnotta ed essiccato appoggiandolo verticalmente in apposite rastrelliere di legno.
Dal punto di vista sociale e dell’organizzazione economica, esistono oggi due forme molto diverse di attività di panificazione: la panificazione domestica, fatta nei forni di contrada e in quelli presenti ancora nelle case rurali, e la panificazione svolta dai panifici. Oggi il processo di panificazione in casa è rimasto pressoché invariato, anche se le normative vietano l’uso dei forni a legna in casa. Questo divieto fa sì che la pratica della panificazione domestica perda il suo senso collettivo e comunitario, trasformandosi in una pratica molto riservata. Chi ancora produce il pane in casa accende solitamente il forno solo due volte l’anno: una volta a dicembre e una a maggio-giugno, per un mese circa. Oggigiorno il consumo di pane di segale in Valtellina è di circa 50-60 kg al giorno (nella stagione estiva se ne consuma di più) e viene acquistato in grandi quantità, per esser conservato e consumato nei mesi.
Collegata alla panificazione tradizionale, e con la reintroduzione delle colture originarie presenti nella valle, negli ultimi tempi vi è stato anche un importante recupero di diversi aspetti connessi all’agricoltura tradizionale: su tutti, la ristrutturazione di alcuni mulini storici, messi a disposizione di chi coltiva piccole e selezionate quantità. Realtà di storia e tradizione questi fabbricati ristrutturati in chiave turistico-museale, sono oggi utilizzati per percorsi didattici e dimostrativi.