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I FORNI DELLA FESTA
DE LO PAN NER

Champorcher

La più antica attestazione dell’esistenza del pane nero di segale a Champorcher si trova  in una pergamena del XV secolo in cui Jacquemin Curt, per assicurare la salvezza della sua anima e di quella di sua moglie Bartolomée dopo la loro morte, fece una generosa donazione  a tutta la comunità e al parroco di Champorcher, Barthélemy Bonin, consistente in una “mica”, un pane di segala e due libbre di formaggio, un quarteron di vino, tre soldi e una candela  che avrebbero dovuto essere corrisposti ogni anno il lunedì delle rogazioni, da prelevare da un’elemosina più grande, consistente in un sestario (circa 50 litri) di buona segala, in pane cotto (unum sestarium siliginis pulchre et receptibilis in pane cocto), mezzo centino (19 kg) di formaggio (dimidium centini casei) e tre emine (67 litri circa) di vino, “buono e accettabile” (pulchrum et receptibilem), da distribuire a quanti avessero seguito la processione alla Lex du Planet, luogo in cui da secoli esisteva una cappella.

I  forni da pane, una ventina circa, sono censiti nei volumi del Catasto sardo del 1772, mentre nel Catasto d’impianto del 1914 17 risultano di proprietà collettiva e 6 sono privati, uno dei quali vendeva anche i suoi pani e fu attivo ancora fino agli anni ’60 del Novecento. Alla fine degli anni ’90 del secolo scorso, i forni sono stati restaurati e molti tra questi sono ancora oggi funzionanti e utilizzati, a inizio dicembre, per cuocere i pani di segale e le mécque (pani di segale e frumento, tipici della valle di Champorcher, arricchiti da castagne, cumino, fichi, noci, uvetta, e talvolta da ingredienti aggiuntivi quali cioccolato e arachidi).
Fausta Baudin

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