

FARE IL PANE

Rhêmes-Notre-Dame, 2015. Fabio Vauthier
“Ora facciamo il pane”. A un certo punto si diceva così e l’avventura cominciava. Preferibilmente era meglio cuocere il pane in luna calante. A Natale il pane era ancora sufficientemente fresco da poter essere tagliato a fette e questo aspetto era molto apprezzato.
Alcuni forni avevano una zona di panificazione – la tsambra di pan oppure la tsambra de couée. Il locale era ammobiliato con poche cose: una stufa per scaldare l’acqua, una madia senza coperchio in cui si impastava, un tavolo di legno con i bordi rialzati per trattenere la farina, i ripiani in legno su cui si disponevano i pani per la lievitazione e dopo l’uscita dal forno per lasciarli raffreddare.
La temperatura della tsambra doveva essere elevata per consentire la lievitazione del pane. Gli ingredienti utilizzati (lievito, acqua, farina) dovevano essere di qualità. Si richiedeva acqua di torrente, senza calcare, perché questo avrebbe rallentato la fermentazione.
La produzione media doveva soddisfare un consumo annuo di cento pani a persona che corrispondevano ad un impasto di un quintale di segale. Non tutti però potevano permettersi una produzione simile.
Prima di cuocere il pane si doveva preparare il lievito. Nella zona di Saint-Vincent e Châtillon veniva usato il luppolo che cresceva spontaneo nei campi. La preparazione del lievito era affidata ad una donna anziana con molta esperienza, poiché il compito era impegnativo. La farina di segale, miscelata con acqua, veniva lasciata per qualche tempo nella stalla dove il caldo l’avrebbe fatta fermentare e trasformata in lievito. Sovente il lievito veniva preparato da un anno all’altro.
La farina, di solito, proveniva da grano locale.
La farina di segale usata era coltivata ad Ayas mentre quella di grano veniva acquistata ‘in pianura’ e per pagarla a volte ci si indebitava; si saldava poi il debito in inverno con il ricavato della vendita di burro e formaggio.
Quando il pane non era lievitato bene, consumarlo era una penitenza; veniva definito alis, pane azzimo. (Edwald Obert, Ayas, 1970)

La Salle, 2015. Jaccod Giulia
Il pane di puro frumento era una rarità ed era quasi considerato un dolce. In genere, si utilizzava una miscela di farina di segale e di frumento. Il pane di sola segale non era particolarmente apprezzato poiché lievitava meno bene e si induriva prima. Quando era possibile si acquistava della farina setacciata “doppio zero”.
Nella madia s’impastavano gli ingredienti e questo era compito degli uomini in quanto richiedeva una certa forza fisica.
Si lasciava poi lievitare l’impasto. Si capiva che la fermentazione era avvenuta avvicinando un fiammifero acceso all’impasto : se il fiammifero si spegneva questo era pronto.
Le donne prendevano il pastón, lo posavano sul grande tavolo e lo coprivano con un lenzuolo, poi rielaboravano la pasta in pezzi più piccoli facendo le forme di pane. Talvolta per impastare si doveva chiedere aiuto a personale esterno.
« …On embauchait des filles, boulangères d’occasion, le panatére, pour aider la famille à pétrir le pain. Le travail pouvait durer toute la journée et même la nuit »
“ … si assumevano delle ragazze, panettiere d’occasione, le panatére, per aiutare la famiglia a impastare il pane. Il lavoro poteva durare tutta la giornata e continuare di notte” . Cassette n° 674 e n° 1222 Data : 1983 Informatore: Jean Guichardaz, Cogne
Con una paletta di legno o di ferro, fabbricata in casa, si tagliava un pezzo di pasta pressappoco della grandezza di un pane.
Tre o quattro persone lo lavoravano passandolo dall’una all’altra, l’ultima della fila dava la forma del pane. Ogni pane veniva inciso con uno o due tagli in mezzo, qualcuno vi faceva un segno al centro pizzicando la pasta con le dita.
Si usavano anche stampi con disegni o iniziali che venivano impressi su un lato del pane ed erano segni di riconoscimento quando più persone usavano la stessa infornata.

La Salle, 2015. Attilio Tampan
Le forme venivano disposte in fila su assi sovrapposte e distanziate con spessori di legno. Una volta che tutta la pasta era stata lavorata, si copriva con un telo, si aspettava una seconda lievitazione e poi
…pronti per il forno !
Il pane di segale, di forma rotonda , piatto sotto e leggermente bombato sopra, aveva una pezzatura che variava dal chilo e mezzo fino ai tre chili.

Verrayes, 2015. Wanda Chapellu
Un metodo empirico per saggiare la cottura del pane consisteva nel
dargli colpetti con le nocchie; il suono prodotto confermava o meno la giusta cottura. Si poteva anche capirlo dalla leggerezza della forma, soppesata con la mano.
GLOSSAIRE
asse | lan |
fare il pane | féye le pan/fée le pan |
fermentare | sopouegné |
grosso pane di pasta | patón/pahón |
impastare | brèyì/brèyé/pahoun-é |
levitare | lévé/léé |
lievito madre | levàn |
madia | mi/ma |
marca del pane | marca dou pan /marca di pan |
marcare i pani | marqué le pan |
pala da forno | pala/ pola |
paletta per la farina | potse |
pane | pan |
pasta del pane | pâta/poha |
radimadia | paletta/rapé/rapetta |
ripiano per i pani | tablè/tablé |
setacciare | tamijì/tamouéjé |
stanza di panificazione | pasteun |
tavolo con bordi | tôla/tobla |