

Forni della tradizione
La Salle, 2015. Forno acceso. Attilio Tampan
I forni di proprietà collettiva erano disciplinati da uno statuto che ne stabiliva le modalità d’uso e i turni d’utilizzo. Ogni consorteria aveva un suo regolamento specifico.
Il primo turno di cottura era il più delicato e il più costoso: era necessaria, infatti, molta legna per portare il forno alla temperatura adeguata.
Generalmente all’inizio di dicembre, il giorno quattro, festa di Santa Barbara, si rimettevano “in marcia” i forni. Questa importante operazione di preriscaldamento era chiamata dechouée lo for. I forni sarebbero rimasti accesi giorno e notte per settimane.
Ogni forno aveva un suo regolamento: alcuni statuti prevedevano che gli aventi diritto contribuissero a turno alla fornitura della legna della prima infornata, in altri casi il primo turno cambiava annualmente. Oltre al problema della legna da fornire, c’era anche quello legato alla qualità dei pani della prima infornata che era di solito più scadente.
Verrayes, 2015. Attrezzi del forno Grand Villa. Wanda Chapellu.
«Si andava a turno, al primo spettava déchouée lo for ed era un rischio perché il forno era freddo e sovente i pani bruciavano o non cuocevano bene. A turno la posizione scalava di modo che tutti facessero il primo turno.» (Lidia Perrod, Courmayeur, 12/12/2011)
«Ogni villaggio aveva il suo forno. C’erano forni migliori e forni più scadenti, dipendeva dalle pietre con cui erano costruiti. […] I proprietari erano tutti e nessuno e ognuno aveva dei diritti. C’era il regolamento del forno. Il regolamento scritto era severo perché se non si rispettava si pagava una multa, nessuno sgarrava. La famiglia che non aveva abbastanza diritti poteva essere aiutata da un’altra che ne aveva di più. Ognuno si portava tutto il necessario: legna, ecc.» (Enrico Croux, Courmayeur, 12/12/2011)
La legna consisteva in ciocchi spaccati della lunghezza di circa 100/120 cm, le-z-éhatse o éhalle ed era portata a turno dalle varie famiglie.
Il pino ma anche il larice erano le essenze più adatte poiché davano una bella colorazione; dovevano comunque essere usati con moderazione altrimenti i pani si sarebbero scuriti troppo. Il pioppo tremulo sarebbe stato l’ideale ma era di difficile reperimento.
Introd, 2015. Le-z-éhatse. Daniel Fusinaz
Per capire se il forno era in temperatura bastava controllare il colore della volta del forno: se era bianca si poteva procedere con la cottura. Ora è molto più pratico utilizzare il termometro.
I responsabili del forno erano di solito uomini, talvolta addetti esterni al villaggio e la loro opera veniva ricompensata con uno o più pasti.
Se una famiglia non poteva permettersi una infornata intera, due famiglie cuocevano insieme la loro mezza infornata e i pani erano contrassegnati da un marchio che li distingueva.
Arvier, Planaval, 2015. Il forno. Emilio Gex
Una volta terminata la cottura del pane, chi aveva a disposizione delle pere, approfittava del calore del forno per preparare lè pachón, pere cotte lentamente fino a farle appassire (Verrayes).
Un’atmosfera calorosa, festosa e coinvolgente si veniva ad instaurare nell’angusto e caldo riparo del forno e la notte era una veglia infinita accompagnata dal calore del fuoco.
I cicli di cottura si concludevano in prossimità del Natale e per le festività di fine anno si poteva disporre di pane fresco.
Si assiste oggigiorno ad una ripresa della panificazione nei nostri villaggi dopo un periodo di declino. Le motivazioni sono sicuramente molteplici: la salvaguardia delle tradizioni, il timore di dimenticare un importante ‘saper fare’ o forse l’esigenza di condividere e di recuperare un’atmosfera conviviale.
In tal senso un aiuto concreto è arrivato, nel XXI secolo, dall’Europa che con i fondi europei ha permesso il restauro di numerosi forni attraverso progetti di recupero rurale.
GLOSSARIO
Attizzatoio baquet/pertse
Ciocco spaccato per il forno étalla/éhalla
Fornaio fournì/fornazeun
Forno fô/for
Infornata fornó/couetta
Preriscaldare il forno dechouéye/choué
Spazzaforno écouvì/couì
Tirabrace a raschietto rablo/rapè/rapetta