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Pane & Bambini

“Pane e Bambini”
L’anno agrario iniziava in occasione della festa di Sant’Antonio, circa quindici giorni dopo Capodanno, ecco perché non si trattava di una ricorrenza particolarmente riconosciuta. Invece, Capodanno era celebrato come il giorno delle strenne, rigorosamente destinate ai bambini, che auguravano felice anno nuovo agli adulti recitando la filastrocca ‘tchica de trèina d’an, n’i panco vu-nèn pe sit an’ una strenna per il nuovo anno, non ne ho ancora avute per quest’anno’.
Invece, per i piccoli della comunità walser, di tradizione germanica, il vero rituale dei doni avveniva il 6 dicembre, a San Nicola, mentre per tutti gli altri si aspettava l’Epifania, con l’arrivo dei Re Magi.
Anche per i bambini, in trepidante attesa dell’evento, l’inizio della cottura del pane era un momento di condivisione intergenerazionale. Nella penombra e al calore dei locali, i bambini contrastavano il sonno, in attesa di vedere e di assaggiare i loro piccoli pani appena sfornati e ancora caldi. Spesso, per alcuni di loro, era addirittura l’unica occasione per assaporare qualcosa di dolce.
“Da noi non si facevano né il gréichèn né altri dolci, non c’erano soldi per farli; quando il pane era molto duro, per noi bambini lo si metteva nell’acqua o nel latte per ammorbidirlo». (Lidia Perrod, Courmayeur, 12/12/2011)

Spesso per i bimbi valdostani, un dolce era semplicemente in un pezzo di pane spalmato con burro oppure, quando quest’ultimo era fuso al punto giusto, la mamma vi inzuppava alcuni pezzetti di pane nero duro che poi estraeva subito. Era poco, ma per loro si trattava di una prelibatezza. (Gignod)

Aosta, 2015. Concorso.

Oltre al classico pane di segale, gli adulti impastavano anche alcune pagnottelle zuccherate, a cui conferivano forme diverse, come galletti o altri animali. Nel frattempo, i pargoli contribuivano, inserendo nei piccoli pani fagioli o pezzettini di carbone, al posto degli occhi. Con un rametto di legno disegnavano delle ali oppure dei quadratini, fiori e stelle. D’altra parte, le bambine creavano dolci a forma di bambola o di treccia.

“Autrefois on faisait des flantse. Pour cela faire, il fallait préparer des pâtons avec très peu de levain et façonner la pâte assez dure pour qu’elle ne lève pas. Ces pains ne gonflaient pas, ils restaient plats “.

“Una volta si cuocevano le flantse, si doveva preparare un impasto con poco lievito e lavorare la pasta di modo che restasse un po’ dura per non farla lievitare. Questi pani non gonfiavano, restavano piatti”.

“Per fare le flantse si aggiungeva del latte, delle volte un po’ di farina di frumento e zucchero oppure dell’olio di mais, ma non troppo altrimenti i pani diventano rancidi.  Si facevano anche i flantchón, erano la stessa cosa ma di pezzatura più piccola”. (Rosina Thomasset, Saint-Nicolas, 2015)

Da sempre, a Cogne si inforna il “mécoulìn”: un tipico pane dolce, di origine antichissima, realizzato con farina, latte, panna, uvetta e liquore, di cui si riporterà la ricetta, più avanti nel presente testo.

“Oltre al pane ordinario si producevano le mecque, pane dolce con castagne, nocciole, noci e a volte semi di carvi che lo rendevano più digeribile”. (Mario Vassoney 1993)

 

La storia delle ‘piate’

Le Piate di Issogne
Il nome della “piate”, dolce di Issogne, è legato a quello di Assunto Dublanc (Arnad 1931- Issogne 1999), che, verso la fine degli anni ’60 del secolo scorso, le ha riscoperte e diffuse in tutta la Valle. Nella frazione in cui abitava, a Les Mariettes di Issogne, era stato costruito dal nonno della moglie Romana, un forno a legna che, nonostante fosse privato, era utilizzato anche da altre famiglie dei dintorni. Queste venivano a cuocere il pane nero, arricchendolo a volte con burro, zucchero e frutta o con verdura e salumi. Dopo molti anni che il forno era stato inattivo, Assunto decise di produrre del pane da vendere, che gli permettesse di integrare il suo stipendio da operaio, per il sostentamento della numerosa famiglia. L’idea non era quella di produrre del pane ordinario, ma qualcosa di originale, sebbene ispirato dalla tradizione locale. Egli stesso era stato colpito dalla diversità dei prodotti portati dalle persone che si appressavano al forno, che mescolavano all’impasto o che disponevano sulla superficie prima della cottura. Spesso, le forme erano quelle di bambole o visi: in questo caso l’impasto era dolce, con zucchero e talora uvetta. Ovviamente, era tutto a base di farina di frumento integrale. Come già detto, si usava anche inserirvi salumi, ortaggi e spezie.
Dopo vari tentativi, Dublanc decise di produrre il miccot, un pane con castagne secche diffuso in altre zone della Valle d’Aosta, e altri due prodotti ispirati alla tradizione locale: la “piata” dolce e la “piata” salata.
La prima, sottile, conteneva nell’ impasto tanto burro, uvetta e noci, mentre sulla superficie di forma rettangolare, si aggiungevano mele, arricchite da una glassa di zucchero.

La seconda, salata, includeva aglio e sale ed era aromatizzata con il cumino (tseurio, in patois). Questa versione era dura e aveva una forma bassa e circolare, con alcuni tagli sulla superficie a formare numerosi rombi.
La varietà dolce, rispetto a quella analoga che si produce attualmente, era più sottile e conteneva più burro, oltre ad essere rettangolare e non ovale.
Entrambe, la dolce e la salata, fanno parte della tradizione locale, con la differenza che in passato avevano forme e ingredienti diversi, in base ai gusti e alle abitudini delle famiglie.
Assunto ha cercato di realizzare prodotti conformi alla vendita, identificando gli ingredienti e le caratteristiche dell’usanza popolare mantenuta nel tempo.
Grazie a lui, che ha partecipato a manifestazioni di prodotti locali e ricevuto svariati premi, le piate sono state apprezzate anche fuori dalla nostra regione.
All’ inizio la piata dolce era chiamata “focaccia valdostana”, ma è sempre stata identificata come “Piata di Issogne”

Le piate oggi

Oggi la piata, sia dolce che salata, viene prodotta da panifici locali e da alcune famiglie, che hanno recuperato l’usanza di cuocerla quando si prepara il pane di segale o di frumento nei tradizionali forni di villaggio.

Gastronomia

 

TROVA L ‘INTRUSO Rhêmes-Notre-Dame 2015. Fabio Vauthier

Glossario

Pane per bambini  Poulicco, dzeleunna, pouetta, trèhe
Pane dolce   Flantse/flantsòn/gréichèn/ mecque/micooula/mécoulìn
Pane dolce con frutta secca, burro e zucchero  Le gréichèn (Valdigne)
Pane dolce con frumento, latte, zucchero  Flantse/flantchón (Saint-Nicolas)
Pane dolce con castagne, nocciole, noci  Mecque
Pane dolce con farina di frumento, farina di segale, castagne, fichi, noci, uvetta  La micooula (Hône)
Pane dolce con burro, zucchero e frutta  Le piate dolci (Issogne)
Pane con castagne secche  Micot (Issogne)
Pane dolce con latte, panna, uova, uvetta  Lou mécoulìn (Cogne)