Coltivazione dei cereali
In tutto il mondo e nel corso degli anni, l’agricoltura ha subito trasformazioni determinate dalle nuove tendenze alimentari, dal punto di vista qualitativo e quantitativo.
Attualmente, la richiesta di cereali, derrata cardine nella nutrizione del passato, evidenzia un notevole incremento.
Fino al secondo dopoguerra, la coltura cerealicola valdostana era ancora diffusa: ricopriva quasi la metà della superficie coltivabile e i campi si estendevano persino a 2.000 m d’altitudine. Diversamente, la tendenza odierna è quella di non seminare oltre i 1.300 m.Segale e frumento erano le coltivazioni essenziali, perché maturavano precocemente e resistevano sia al freddo sia alle erbe infestanti.
Per mantenere il terreno fertile, si praticava la coltura a rotazione, alternando il grano con le patate o con altra tipologia cerealicola di minor pregio, come avena, orzo, mais, ecc…
Si seminava manualmente, a spaglio, preferibilmente a settembre.
Luglio era il mese della mietitura. Si controllava la maturazione dei chicchi mettendone uno tra i denti per valutarne la consistenza: se questo si frantumava facilmente il raccolto era giunto a corretta stagionatura. Per riuscire a legare meglio i covoni, si preferiva recarsi nei campi all’alba, quando la temperatura esterna era meno calda e con bassa percentuale di umidità nell’aria.
Il trasporto nell’aia avveniva a dorso di mulo.
La separazione tra chicchi e paglia avveniva in ampi spazi, battendo le spighe a ritmo preciso con l’uso del correggiato, lo fléyé (coppia di bastoni, manico e battente). Di seguito, il grano veniva ammucchiato con una pala. Invece, con il rastrello si radunava la paglia per preparare le fascine. Il grano era riposto per circa tre mesi nell’artse della segale: una grande madia in legno con coperchio, utilizzata per la conservazione dei generi alimentari. Ogni famiglia ne aveva una o diverse, in base alla quantità del proprio raccolto.
Successivamente, il grano riposto veniva macinato nel mulino del villaggio e, l’11 novembre a San Martino, si dava inizio alla panificazione, che poteva protrarsi fino al periodo prenatalizio.
Ogni villaggio era autonomo, poiché munito di propri forni e mulini.
Anche la toponomastica della nostra regione attesta l’importanza della cerealicoltura del passato: Étroubles, 1.270 m s.l.m. paese con coltivazioni di frumento, si chiamava Restopolis, poi Estruble. Nel 1651 è attestato il toponimo Estrobles. Tutti questi nomi sembrano significare “pays aux hautes chaumes” (paese dalle alte stoppie).